Per questo Vi proponiamo un interessante articolo riportato da Marketers Family e uscito ai primi di giugno 2021.
Ci siamo chiusi la porta di casa alle spalle per diversi mesi.
Questa singola azione, moltiplicata a livello globale fino a oggi, ha generato nel mercato digitale quella che potremmo definire “febbre da e‑commerce”.
Non solo sono nati molti più e‑commerce in questo periodo di lockdown, ma i consumatori stessi si sono avvicinati di più a questa forma di shopping. E secondo i dati finora registrati, questa tendenza ad acquistare online non si sgonfierà in un futuro post‑pandemico, anzi.
Ecco dei dati utili a comprendere la grandezza di questo boom dello shopping online:
- Negli Usa la crescita degli acquisti online è cresciuta del 71% fino agli inizi del 2021, come rilevato da una ricerca della Salesforce. I consumatori americani hanno speso oltre 211 miliardi di dollari in acquisti digitali, con una crescita del 31,8% rispetto all’ultimo quadrimestre del 2020.
- Da uno studio di eMarketer si evince come il settore in media più avvantaggiato a livello mondiale sia quello del “food & beverage”, con un aumento del 58,5% dopo il boom dell’online.
- E se nel mondo anglosassone gli acquisti online sono una pratica consolidata da tempo, la crescita dell’e‑commerce è ora evidente anche nel più tardivo mercato italiano. Lo certifica l’indagine realizzata da Netcomm, il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano: i consumatori italiani che prediligono gli acquisti online sono oggi 29 milioni e si stima che il settore avrà una crescita del 55% entro la fine dell’anno.
In questo contesto la domanda che vogliamo porci è la seguente:
Qual è il posto dei negozi fisici in questo futuro che, secondo i dati, si attesta essere dominato dallo shopping online piuttosto che da quello fisico? Il mercato del retail è destinato a fallire e i negozi fisici a sparire?
I negozi fisici come hub logistici
Rob Garf, vicepresidente e direttore generale per la vendita al dettaglio di Salesforce, ha spiegato come il processo di fornitura sia rimasto uguale negli ultimi 100 anni.
Un processo che riguarda l’imballaggio, la spedizione e infine la consegna dell’ordine effettuato dal cliente.
Bene, oggi i negozi fisici stanno cambiando e nella loro evoluzione stanno portando un’aria di novità anche nel processo di fornitura.
“Ora è più un modello hub‑and‑spoke, e quell’hub in molti casi è il negozio fisico”, afferma Garf.
Significa che i negozi fisici stanno rispondendo al desiderio dei clienti di acquistare un articolo online e ritirarlo in un negozio vicino, magari senza dover scendere dall’auto.
Oppure, al contrario, stanno rispondendo alla tendenza per cui un cliente vede un articolo in negozio e desidera acquistarlo facilmente online in un secondo momento, con spedizione veloce.
Entrambe queste tendenze ci fanno capire una cosa: i retailer stanno e devono smettere di trattare e‑commerce e negozio fisico come attività separate, con inventario separato e sistemi di gestione separati.
Un rivenditore leader su questo fronte è Target, che ha affermato che i suoi negozi hanno soddisfatto il 95% delle sue vendite, online e offline, fino alla fine di gennaio.
John Mulligan, direttore operativo di Target, ha affermato che costa circa il 90% in meno quando un cliente ritira un ordine online in negozio piuttosto spedirglielo a casa da un magazzino.
Allo stesso modo, John Morris, capo della pratica industriale e al dettaglio presso CBRE, una grande società immobiliare e di investimento commerciale, condivide le stime secondo cui elaborare un reso per un acquisto online costa la metà quando il cliente lo porta in un negozio anziché rispedirlo.
Questo perché si risparmia sul trasporto e si tende a ridurre la perdita o il danneggiamento delle merci.
Inoltre, porta i clienti nel negozio, dove potrebbero effettuare un altro acquisto.
L’efficacia del negozio che NON vende (ma si fa vivere)
Il valore del negozio come punto vendita sta diminuendo man mano che le vendite si spostano online, dove tutto è più rapido e spesso anche semplice ed economico.
Per questo la vendita al dettaglio esperienziale di cui abbiamo parlato prima, in cui l’ambiente del negozio è di per sé un’attrazione, sta diventando più importante.
Ma questo cambiamento va più in profondità di quanto si possa pensare:
“La tendenza sta andando verso l’esperienza, ma è esperienziale in molti modi diversi grazie ai quali si sta davvero creando una partnership tra cliente e retailer. Non si tratta più solo di un posto fisico dove andiamo a comprare qualcosa.”, afferma Mina Fader, amministratore delegato della vendita al dettaglio nel centro di ricerca a Wharton.
Fader osserva come Petco, un negozio di cibo per animali e altri articoli annessi, offra anche toelettatura e cure veterinarie o come Best Buy, un rivenditore di elettronica, offra anche servizi di risoluzione dei problemi e riparazione.
Il punto è che in questi luoghi la vendita diventa secondaria, perché le persone li visitano per sopperire a quello che non possono fare online.
Quindi vedere e toccare i prodotti in prima persona, conoscere un articolo o il marchio dietro di esso, spesso lasciando lì il prodotto e acquistandolo in seguito online.
In questo contesto, cambia il lavoro degli addetti alle vendite che diventano come addetti all’assistenza, consiglieri e partner che condividono la decisione di acquisto.